Per riflettere su cosa sta accadendo oggi con la guerra in Ucraina, si ripropone il resoconto di una riunione di lavoro di qualche anno fa su donne e guerra.
La commissione parlamentare per i diritti della donna ha tenuto un’audizione pubblica sul contributo femminile nella risoluzione dei conflitti, al fine di incentivare la presenza delle donne nelle zone di guerra in veste di costruttrici attive di pace. “Per avere successo, la nostra azione deve trovare sostegno tra gli uomini e le donne emancipate” ha detto la relatrice rumena dell’ALDE Norica Nicolai agli eurodeputati, gli esperti e i docenti universitari presenti in sala.
Nonostante la risoluzione ONU ad hoc per aumentare la rappresentanza delle donne a tutti i livelli decisionali nelle operazioni di mantenimento della pace, non molti progressi sono stati fatti.
Nelle missioni di pace civile organizzate nell’ambito della politica europea di sicurezza e di difesa, quasi 9 lavoratori su 10 sono uomini e, negli ultimi due anni, solo il 10 – 16% del personale nelle operazioni di peacekeeping dell’UE era donna.
Donne come vittime
Le aggressioni sessuali sulle donne sono diventate una tattica di guerra: “quando si violenta qualcuno, lo stupro coinvolge l’intera famiglia, il paese e le persone intorno” ha spiegato la finlandese Elisabeth Rehn della Corte penale internazionale, ricordando che la violenza sessuale è considerata al pari di un crimine di guerra.
“Le vittime e i loro figli devono spesso affrontare la stigmatizzazione e sono esclusi dai gruppi sociali” ha aggiunto la deputata bulgara del PPE Mariya Nedelcheva.
Alla ricerca di un riconoscimento e di ruolo attivo
Quello di vittime è tradizionalmente l’unico ruolo delle donne in guerra. Ma i partecipanti all’audizione hanno invocato un rapido capovolgimento del paradigma: “Le donne non vogliono più essere viste come vittime, ma come coloro che ce l’hanno fatta… non più bersagli passivi, ma costruttrici attive della società” ha sottolineato la Rehn.
L’antropologa sociale Carol Mann ha messo in luce come, nonostante il coinvolgimento di donne e uomini nei conflitti mondiale, ci siano pochi monumenti o capitoli di libri di storia dedicati agli sforzi femminili. “Circa l’80% dei rifugiati nel mondo sono donne e bambini” ma troppo poche sono ancora le tracce dei loro sacrifici.
“Una pace duratura non può essere costruita se metà della popolazione non partecipa alla risoluzione dei conflitti” ha ribadito la svedese Maj Britt Theorín del Fondo di sviluppo delle Nazioni Unite per la donna.
Le donne come forza di pace
Per l’eurodeputata spagnola dei Verdi Romeva i Rueda “una maggiore inclusione delle donne nella risoluzione dei conflitti è un passo fondamentale da intraprendere”, per non lasciare la guida delle guerre e dei processi di pace solo agli uomini.
Elisabeth Rehn ha sottolineato l’importanza della presenza femminile nei corpi di polizia e nelle missioni di pace, in quanto modelli per le altre donne. “Se può farlo lei, possiamo anche noi” deve essere il messaggio.
“L’UE crede che solo gli uomini siano in grado di decidere per la pace?” si è interrogata Maj Britt Theorín. “Una massa critica di donne, impegnate in lavori civili creerebbe tutta un’altra situazione” ha spiegato.
Anne Cathrine Riebnitzsky, capitano dell’esercito danese e scrittrice, ha parlato della sua lunga esperienza in Afghanistan e della difficoltà di trovare donne sul campo. “So che molte di voi qui sono pacifiste” ha detto rivola all’audience “ma le forze di sicurezza sono là fuori… e dialogare con l’esercito rivale, significherebbe essere uccisi dai talebani”.
La portoghese della Sinistra unitaria Ilda Figueiredo ha sottolineato invece l’importanza “dell’educazione alla pace e della conoscenza dei diritti legali”. “Gli uomini sono stati finora gli unici responsabili delle democrazie e delle guerre… dobbiamo insistere in una partecipazione maggiore delle donne nel rafforzamento della diplomazia” ha dichiarato.
Mentre Katariina Leinonen del servizio europeo per l’azione esterna ha ricordato che “la legislazione esiste, ora bisogna metterla in pratica”.