Donne protagoniste in sanità.
Bastano quattro parole per fare la rivoluzione? Naturalmente no, ma in una società in cui lo stesso Darwin (sì, proprio lui) considerava le donne “intellettualmente inferiori” è già un punto di svolta.
Quasi due secoli dopo, l’evoluzione vede le donne ancora sottopagate, sminuite, più in difficoltà a raggiungere posizioni apicali, costrette a una segregazione occupazionale di genere e a farsi carico del lavoro familiare.
Da questo punto di partenza, con l’obiettivo dichiarato di rompere il ‘soffitto di cristallo’, nasce la community per riformare la sanità, attraverso 25 tavoli di lavoro online che confluiranno nella prima convention a Bologna il 16 e 17 settembre per la stesura del documento “Una proposta di futuro” da sottoporre al governo.
Ho avuto il piacere di partecipare a tre tavoli tematici: “Dalla parte del cittadino: la comunicazione e l’accoglienza digitale”, “Una spinta in avanti verso la parità di genere” e “La comunicazione in sanità”.
Un vero e proprio brainstorming tra donne protagoniste per individuare le principali criticità dei diversi ambiti, gli obiettivi per superarle e le azioni operative da mettere in campo. Perché le donne sono pragmatiche e, quando vengono messe nelle condizioni di fare squadra, sono inarrestabili.
Uno dei tanti aspetti che mi ha colpito è l’idea ancora radicata di definirci al maschile. “Le parole sono importanti” ci insegna Nanni Moretti. Quindi mi sembra giusto e doveroso partire da qui, da una rivendicazione linguistica che deve considerare le donne direttrici e non direttori, commissarie e non commissari. Una piccola evoluzione, forse, ma comunque sostanziale.
Rimanendo in tema, è necessario che il linguaggio si adatti all’interlocutore. Il ‘burocratese’ ha allontanato molto i cittadini dalla pubblica amministrazione. E per ricostruire questa fiducia minata negli anni, bisogna capire cosa stiamo comunicando e a chi. Le parole sono importanti, certo, ma vanno anche comprese.
Sostanziale è anche la differenza tra informazione e comunicazione. Più informazioni diamo più combattiamo la disinformazione e la paura. Certo. Ma queste informazioni unidirezionali vanno inserite in un processo comunicativo relazionale più ampio. In questo senso, i social network possono favorire l’interazione e far sentire il cittadino più vicino a chi ha una risposta alle sue esigenze.
Risposte che diventeranno sempre più digitali. La digitalizzazione è una missione predominante del PNRR che deve affrontare la sfida dell’accessibilità digitale in ottica inclusiva. Qui si apre un altro capitolo, dal digital divide al ruolo dei facilitatori, di un libro lungo e complesso che possiamo scrivere insieme.
Elisa Fornasini, giornalista, Ufficio Stampa e Comunicazione AUSL Ferrara